16 agosto, Sarocco

16 agosto, Sarocco

Sarocco è una delle anima dell’isola. Di quell’Elba d’una volta, fatto di mare e di miniere. Se non lo hai vissuto in quegli anni, Sarocco, non sai cos’è. E’ l’anima della lunga storia del ferro, un’epoca che ha segnato nel bello e nel meno bello questa terra, definendone le caratteristiche naturali ed umane. Oggi è il racconto di un Sarocco che non c’è più. Che vive solo lungo la linea del tempo, nella memoria di alcune generazioni, anch’esse destinate a lasciare esili tracce di ricordi. Quel Sarocco durava settimane, era “la festa” che segnava con forza il mese principe dell’estate. Le gare di atletica, il palo insevato, l’albero della cuccagna, la corsa di Sciambere, la corsa dei sacchi, le regate veliche, la musica e i balli in piazza e il momento più atteso: il paglio dei canotti. Da “in cima al molo” alla seconda boa del pontile di Vigneria, andata e ritorno, fino all’ultima palata. Finita la gara restavano gioia e disperazione, ma la festa continua con la processione del Santo e la devozione di ogni rione, dalle scalinate del Castello alla murella del Sasso. Poi ecco i fochi. I fochi si che segnavano la fine della festa, ma erano il momento più atteso e più bello. Quando mai a Rio vedevamo un paese così pieno di gente? I villeggianti sceglievano altri paesi della nostra isoletta e noi ne eravamo un po’ contenti, noi avevamo la Miniera. Ma per quella sera noi ragazzi vedevamo così tante bimbe che popolavano i nostri sogni di adolescenti e che potevamo starci bene fino al prossimo Sarocco. Con i fochi finiva la festa, ma le luci scoppiettanti su quel mare rappresentavano per me un momento speciale: era il mi babbo che li accendeva.

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